L’acquisto di una barca, nuova o usata che sia è sempre un momento importante perché spesso è l’ultimo passo di una lunga serie di sacrifici. Per questo motivo è bene prevedere nel budget complessivo una quota destinata alla perizia effettuata da un professionista ed in secondo luogo ad un intervento che ci consentirà di tutelare e preservare al meglio l’opera viva della nostra imbarcazione: il trattamento preventivo epossidico antiosmosi.
Il trattamento epossidico antiosmosi può essere superfluo se la barca resterà prevalentemente in un porto a secco o su un carrello, ma può diventare un importante alleato nel caso si preveda di tener la barca in acqua per tutto l’anno. Il trattamento preventivo, molto spesso confuso con quello curativo, consiste nell’utilizzare delle vernici epossidiche con caratteristiche impermeabilizzanti che forniranno riparo al gelcoat, rendendolo impermeabile all’umidità.
Quanto costa un trattamento antiosmosi preventivo?
Se per un trattamento curativo il costo si aggira attorno ai 1000€ al metro lineare (eseguito in cantiere), un trattamento preventivo ci costerà di meno, questo perchè la manodopera necessaria per effettuare il lavoro sarà inferirore. Eseguendo i lavori in autonomia, escluso il costo della sosta a terra, varo ed alaggio e delle moltissime ore di manodopera, abbiamo speso circa 600€ (complessivi) compreso il costo dell’antivegetativa, dei dischi e di quanto necessario a fare il lavoro.
Se volete cimentarvi nel fai da te e quindi non intendete rivolgervi ad un cantiere è bene, prima di iniziare, essere consapevoli di alcuni aspetti fondamentali:
- non siamo tecnici, quindi poter contare sulla consulenza di un buon perito che ci segua durante i lavori può essere una carta vincente;
- è un lavoro impegnativo sia come tempo speso che come impegno fisico richiesto, ma comunque alla nostra portata;
- non avere fretta di fare il lavoro, un ciclo fatto con la carena umida oppure steso sotto la pioggia è deleterio;
- non voler fare di testa propria ma seguire le indicazioni delle schede tecniche dei prodotti.
Se siete arrivati qui significa che siete determinati a procedere quindi iniziamo:
Cosa serve per fare il trattamento?
Avere tutto il materiale a disposizione è fondamentale per evitare viaggi inutili verso la ferramenta più vicina, molto spesso costosa. Vediamo quindi quali attrezzature dovrete procurarvi:
- una buona rotorbitale professionale costerà qualcosa ma ci farà risparmiare un sacco di tempo, di fatica e soprattutto la potremo utilizzare per il fai da te casalingo o in futuro quando faremo carena. Il nostro consiglio è di indirizzarci su marchi di fascia medio-alta come Festool,Rupes,Makita, Bosch Professional ect.ect. noi abbiamo due rupes con disco da 150mm e siamo davvero soddisfatti.
- dischi abrasivi di varie granature a seconda degli strati di materiale da rimuovere, sulla nostra Etap24i abbiamo utilizzato grana 80 per sgrossare, 180 per gli strati vicini al gelcoat e una molto sottile per lo strato di primer direttamente a contatto con il gelcoat. Qui mi permetto di consigliarvi di acquistare dischi di buona qualità, solitamente le rotorbitali semiprofessionali hanno il disco da 150mm, non faticherete a trovare dischi 3M o con caratteristiche simili. Avere un disco di primo prezzo vi farà faticare il quadruplo e dovrete cambiarlo spesso.
- aspiratore per polveri di antivegetativa dotato di sacchetto. L’aspirapolvere lo collegheremo direttamente alla rotorbitale.
- nastro 3M azzurro per delimitare la linea di galleggiamento e non correre il rischio di rimuovere il gelcoat dell’opera morta
- un rotolo di pluriball adeguato alla lunghezza della barca moltiplicata x 2, questo ci consentirà di creare una gonnellina protettiva che impedirà alle intemperie o semplicemente all’umidità di depositarsi sul gelcoat o sul prodotto steso che sta asciugando.
- prodotti per la pittura tra cui rullini a pelo corto per stendere il prodotto.
- siringhe a bocca larga dosare correttamente le parti di catalizzatore.
- contenitori graduati.
- acetone non aggressivo.
- maschera di protezione con filtri certificati per l’utilizzo con polveri e con vernici (non risparmiate su questa).
- tuta da lavoro protettiva pesante.
- tuta da lavoro usa e getta.
- guanti ed occhiali protettivi.
- stracci e rotolone di carta.
- matita
Quale prodotto scelgo?
Per quanto riguarda i prodotti il nostro consiglio è di informarvi e leggere il più possibile, fatevi consigliare anche dal vostro perito e scegliete il prodotto che più vi aggrada. Noi ci siamo indirizzati su prodotti della International, abbiamo avuto modo di testarli su un trattamento fatto sulla nostra precedente barca e ci siamo trovati bene. Oltretutto quando abbiamo venduto la barca abbiamo avuto la certezza che il trattamento era stato fatto a regola d’arte dato che la barca è stata periziata.
Si Inizia
Iniziamo con il delimitare con il nastro 3M la linea di galleggiamento, successivamente procederemo con il rimuovere tutti gli strati di antivegetativa. Questo sarà un lavoro sporco e piuttosto lungo, talvolta potreste domandarvi chi ve lo ha fatto fare, ma non desistete, pensate a noi. E perché dovreste pensare a noi? Perché nel nostro caso, abbiamo dovuto rimuovere 12 strati di vecchie antivegetative, stese una sull’altra e stuccate per evitare, a detta del precedente proprietario, antiestetici avvallamenti, uno strato di primer e 7 strati di trattamento antiosmosi epossidico della Cecchi… vi posso garantire che ci ricorderemo a lungo quei giorni, fate conto che in due abbiamo impiegato circa 5 weekend lavorando sabato e domenica.. ed è un 8 metri…
Terminata la sgrossatura del supporto, con l’avvicinarsi al gelcoat, utilizzate dischi meno aggressivi. L’obiettivo è di ottenere lo scafo a macchia di leopardo. In questa fase prestate molta attenzione a non premere eccessivamente, è bene cercare di non voler finire alla svelta, sarete stanchi ma è qui che correte il rischio di fare danni, perché dovete cercare di preservare il più possibile e non rovinare il gelcoat.
Quando vedrete la carena a macchia di leopardo con il gelcoat a vista, prendete uno straccio imbevetelo di acetone e passatelo sullo scafo, noterete che gli aloni rimasti scompariranno, avendo quindi lo scafo pulito a gelcoat.
Ora verifichiamo l’umidità del laminato
A questo punto potrete prendervi qualche settimana di riposo e nel frattempo reperirte uno strumento per rilevare l’umidità. Il nostro consiglio è di cercarlo a noleggio oppure chiedere al vostro perito di effettuare i rilievi, vi costerà qualcosa ma avrete la certezza dei dati forniti. Se invece volete acquistarlo fate attenzione, in commercio esistono degli strumenti “distruttivi” e “non distruttivi”, a voi interesseranno questi ultimi che guarda caso sono anche i più costosi. Gli strumenti “distruttivi” per misurare l’umidità prevedono che si inseriscano nel laminato due piccoli aghi, questi solitamente vengono utilizzati nel settore edile su materiali come il legno o il cartongesso, vi sconsigliamo di utilizzarli poiché andreste ad incidere, seppur leggermente, la vostra opera viva. Concentriamoci quindi sugli strumenti “non distruttivi”, con questi ultimi, infatti, basta solamente appoggiare lo strumento al laminato e vi rivelerà l’umidità. Il prezzo per dei prodotti facilmente reperibili sul mercato varia dai 400 ai 500€ i più conosciuti sono lo Skinder oppure il Tramex Skipper Plus, poi si sale oltre i 1000€ per strumenti professionali .
La misurazione dell’umidità del laminato è fondamentale prima di fare il ciclo, ricordate infatti che un trattamento preventivo effettuato su un supporto asciutto è efficace, mentre dato su un supporto umido potrebbe essere inutile se non dannoso, poichè andreste ad intrappolare nel laminato l’umidità presente senza che questa possa uscire perchè intrappolata dal prodotto isolante. Ricordate che è bene che il laminato si asciughi il più possibile, al massimo l’umidità del laminato dovrà essere al di sotto del 30% di umidità relativa. Ma quanto tempo serve al laminato per scendere di umidità? Difficile se non impossibile dirlo, sicuramente avere la barca in una zona ventilata, poco umida e con un clima caldo aiuterà ad asciugarsi più in fretta. Se invece avete il rimessaggio in un luogo umido potete ricorrrere all’utilizzo di apposite lampade irradianti, queste solitamente emettono un fascio di colore rosso intenso e scaldano la superficie su cui sono puntate, ma fate attenzione a non posizionarle troppo vicine alla parte da trattare perchè il laminato non va d’accordo con le alte temperature.
Ok, l’umidità è giusta? Iniziamo a stendere il primer epossidico
Il gelshield 200 della International viene fornito in due colorazioni, verde e grigio, questo per agevolare l’operatore nella stesura del prodotto. Scegliamo una giornata di sole per iniziare il lavoro, utilizziamo la siringa a becco largo per fare le parti tra catalizzatore e vernice, la siringa renderà la procedura più veloce e sopratutto ridurremo sensibilmente il rischio di fare delle dosi sbagliate. Mescoliamo il composto per circa un minuto e lasciamolo riposare per altri 5, questo consentirà alle bolle d’aria presenti di fuoriuscire. Iniziamo quindi con il colore verde, perchè proprio il verde? Solitamente il trattamento minimo è di 5 mani, quindi si parte con il verde e si finisce con il verde, questo ci aiuterà quando faremo carena e quindi gratteremo l’antivegetativa a fermarci per tempo e non grattare il primer, se l’ultimo colore fosse il grigio faremmo molta più fatica ad accorgercene.
Ricordatevi di fare attenzione alla temperatura del laminato e a quella dell’aria, questo vi servirà per calcolare correttamente i tempi di ricopertura del prodotto. Eseguite la procedura per le mani che intenderete stendere ricordandovi ad ogni mano di incrociare il senso di stesura del prodotto, se la prima mano la stendete da prua verso poppa, nella seconda mano stendetela da murata di sinistra a murata di dritta, questo vi consentirà di non lasciare zone scoperte.
Se volete fare un lavoro certosino, fatevi spostare la barca per effettuare il trattamento anche sulle tacche.
Ed ora l’antivegetativa
Noi abbiamo sempre utilizzato la International Micron Extra Eu e ci siamo trovati divinamente, quest’anno per normative europee è stata sostituita dalla Micron 350 che prontamente abbiamo acquistato. Come va? l’unico modo è continuare a seguirci!
Buon vento
Ciao, complimenti per l’articolo, interessante e ben scritto.
Siamo Raffaella e Giovanni e stiamo facendo il giro del mondo su Obiwan un Etap39s. In questo momento siamo in Australia e abbiamo notato qualche piccola bollicina di osmosi. Ci aggingiamo quindi a fare un trattamento.
Il vostro lavoro di sembra interessante e stiamo pensando di fare lo stesso. A distanza di questo tempo siete contenti della riuscita? Consigli particolare a parte quelli che scritti nell’articolo?
Ciao Raffaella e Giovanni,
è un onore veder approdare sul nostro piccolo blog due persone che stanno facendo il giro del mondo. Prima di tutto ci vogliamo congratulare con voi per il vostro progetto, un sogno di molti che per altro è anche il nostro e per la barca, strepitosa, anzi saremmo felici se in futuro, quando avrete tempo vorrete inviarci qualche fotografia o aneddoto.Abbiamo visto il vostro bellissimo blog e canale YouTube dove ci siamo iscritti.
Per quanto riguarda le bollicine di osmosi, ti posso dire che stiamo parlando di due trattamenti diversi. Sulla nostra piccola 24i non erano presenti bolle di osmosi e abbiamo deciso di fare un trattamento preventivo, quindi abbiamo fatto asciugare bene lo scafo, controllato l’umidità e quando è stata a livelli buoni abbiamo trattato lo scafo con i prodotti per la prevenzione.
Nel vostro caso, dato che parlate della presenza di qualche bollicina il problema a mio modesto avviso (non sono un professionista) dovreste affrontarlo in modo diverso.
Prima di tutto la consulenza di un buon perito, potrebbe essere vincente (nel caso posso fornirvi un nome), comunque se fosse la nostra barca personalmente cercherei di capire se le bolle sono localizzate negli strati superficiali oppure se sono in profondità e se l’umidità è alta su tutto lo scafo o solo nell’area dove vi sono le bolle (le bollicine sono solo il culmine del processo di osmosi). Per fare questo dovreste cercare uno strumento che vi aiuti a misurare la percentuale di umidità dello scafo e quindi capire lo stato generale per poi decidere come muovervi.
L’unica cosa che vi posso dire per certo è di non fare un trattamento come quello che vedete nell’articolo sopra una carena umida, così facendo intrappolereste l’umidità all’interno e il processo dell’osmosi continuerebbe senza arrestarsi. Se avete altre domande siamo a vostra disposizione (ricordate che non siamo tecnici).
Buon vento.
Elena e Filippo
Grazie mille, vi ringraziamo della veloce risposta, ed apprezziamo i vostri suggerimenti, vi sapremo dire dell’evoluzione dei lavori che andremo a fare.
Ora siamo bloccati in NZ, speriamo fra un paio di settimane di poter rientrare in Australia alla barca.
Un grazie ed un caro saluto per ora.